I telescopi Bookmark and Share


Concettualmente si tratta di apparecchiature molto semplici, composte essenzialmente da due parti ben distinte: il tubo ottico e il supporto meccanico. A sua volta il tubo ottico si compone dell'obiettivo, che forma un'immagine dell'oggetto da osservare, e dell'oculare, una specie di lente di ingrandimento per consentire all'occhio di apprezzare tutti i dettagli contenuti nell'immagine formata dall'obiettivo. Quest'ultimo, che è il pezzo d'ottica di maggiori dimensioni, è quello rivolto verso l'astro da osservare. Il supporto meccanico, chiamato montatura, non ha soltanto il compito di sostenere e tenere fermo il tubo nella direzione voluta, ma anche quello importantissimo di consentire un movimento dolce e preciso all'altezza delle prestazioni ottiche. Per questo, una buona struttura meccanica spesso viene a costare di più della parte ottica.

Il vocabolo "telescopio", che è stato coniato dal Demisiani nel 1611, deriva dal greco. In Italia, seguendo l'uso anglosassone, si indicano come telescopi tutti gli strumenti ottici destinati all'osservazione del cielo, mentre con "cannocchiali" si designano quelli riservati alla visione di panorami terrestri. La capacità di vedere distintamente di qualsiasi telescopio è determinata dalle sue dimensioni e, più precisamente, dal diametro del suo obiettivo. Tant'è che questo è il primo dato fornito; ad esempio quando si parla di un telescopio di 50 cm si intende che il suo obiettivo misura 50 cm di diametro. In commercio ne sono reperibili per dilettanti dai 5-6 cm ai 20-25 cm. Con minore facilità - in Italia - se ne trovano anche da 30-35 cm. Normalmente diametri maggiori devono essere ordinati appositamente al costruttore. In campo professionale questi valori sono molto più alti. Ad esempio, il maggiore telescopio italiano è ad Asiago (PD) e misura 1,8 metri ed il maggiore del mondo 8 metri.

Telescopi per dilettanti

L'attenzione che in questi anni il pubblico sta riservando all'astronomia ha indotto diverse ditte a costruire modelli di telescopi poco impegnativi con il risultato che ora ne sono disponibili molti sul mercato; alcuni facilmente reperibili anche in negozi di ottica. I modelli più economici (espesso anche i più comuni) hanno obiettivi di 5 o 6 cm e lunghezze fino a 70-80 cm. Sono senz'altro consigliabili per iniziare a guardare il cielo tenendo presente di non pretendere da essi ciò che non possono dare. Cioè con soli 5 o 6 cm di apertura o di diametro non si contemplano i pianeti nei loro particolari, nè astri celebri ma poco luminosi. Chi ha meno problemi economici può considerare modelli più impegnativi, come quelli da 10 a 15 cm. Quando si arriva a diametri sui 12-15 cm si hanno già grandi soddisfazioni, soprattutto se la qualità è buona. Anzi, a questo proposito, diciamo subito che si dovrebbe dare la massima importanza alla qualità; meglio uno strumento un po' più piccolo ma buono che non uno maggiore ma di qualità discutibile. A parità di diametro un telescopio migliore garantisce un maggior potere risolutivo (un concetto che verrà chiarito in un'apposita pagina) e spesso anche una maggiore luminosità.

La storia del telescopio

La storia del telescopio è costellata da innumerevoli tappe verso prestazioni sempre più esaltanti. L'invenzione di uno strumento ottico in grado di "avvicinare" risale al 1608 ed è opera di occhialai olandesi, ma il primo ad utilizzare la nuova scoperta per l'osservazione del cielo fu Galileo nel 1609. Il grande pisano apportò notevoli miglioramenti ai primi rozzi strumenti; la sua migliore realizzazione arrivava ad ingrandire 23 volte contro le 3-4 volte dei primi tentativi. L'arte di lavorare le lenti migliorò lentamente ma costantemente nel diciassettesimo secolo, lo stesso che vide Newton presentare la sua invenzione: il telescopio con obiettivo a specchio o riflettore. Questo si diffuse parecchio nel diciottesimo secolo grazie a W. Herschel, che arrivò a costruirne uno di ben 1,2 metri! Un'enormità per l'epoca. Il secolo seguente vide invece l'affermazione del telescopio a lenti o rifrattore, grazie soprattutto alle non comuni doti di J.Fraunhofer, che portò l'arte del telescopio rifrattore quasi al livello di oggi. Ma già alla fine del secolo scorso ci si accorse che costruire lenti oltre 1 metro comportava tali e tanti svantaggi da far rifiorire la soluzione a specchio. I meravigliosi riflettori della nostra epoca ci confermano quanto sia stata felice l'idea di concentrare gli sforzi sui riflettori.

Il riflettore

Il telescopio con obiettivo a lenti più grande che esista è quello di 102 cm di diametro e 19,6 m di focale installato nel 1897 all'Osservatorio di Yerkes, presso Chicago. Costruire lenti di dimensioni molto maggiori presenta gravi difficoltà tecniche e perciò oggi i grandi telescopi usano solo obiettivi a specchio i quali hanno inoltre il vantaggio dell'assenza completa dell'aberrazione. Lo specchio è costituito da una superficie concava di opportuna forma geometrica ricavata in un blocco di vetro o di altro materiale adeguato sulla quale viene fatto condensare vapore di alluminio in sottilissimo strato. Poiché gli specchi funzionano sfruttando il fenomeno della riflessione, mentre le lenti funzionano per rifrazione, i telescopi con obiettivo a specchio si dicono riflettori, quelli con obiettivo a lenti rifrattori.

Il riflettore parabolico

Uno specchio sferico di dimensioni sufficientemente piccole rispetto al suo raggio di curvatura concentra i raggi di luce paralleli all'asse ottico in un punto, detto fuoco, situato su tale asse esattamente a metà fra il vertice V dello specchio e il centro di curvatura. Al crescere delle dimensioni della calotta sferica, restando fisso il raggio di curvatura, la luce riflessa dalle zone periferiche si concentra in fuochi sempre più vicini al vertice. Con specchi aventi un rapporto fra diametro e raggio di curvatura superiore ad un certo limite (che nella pratica astronomica è quasi sempre superato) non si riesce perciò a mettere "a fuoco" una stella. Tale fenomeno, detto aberrazione di sfericità, può essere eliminato sostituendo lo specchio sferico con uno specchio paraboloidico comunemente detto parabolico. La lastra fotografica o il sensore fotoelettrico possono essere collocati al fuoco dello specchio parabolico. Per l'osservazione visuale è necessario far uso di un piccolo specchio secondario ricorrendo a particolari disposizioni ottiche: le disposizioni più comuni sono la newtoniana e la cassegrain (illustrate)

I telescopi Schmidt

Con lo specchio parabolico resta un inconveniente: le immagini sono perfette solo in prossimità dell'asse ottico e cioè al centro della lastra fotografica; ad una certa distanza dall'asse cominciano ad apparire deformate e la deformazione - detta coma - cresce rapidamente al crescere della distanza dall'asse. La coma è tanto più forte quanto maggiore è il rapporto fra il diametro D dello specchio principale e la sua focale f, cioè quanto maggiore è l'apertura relativa D/f. Ad esempio, per un'apertura 1/3,5 si ha un campo utile di appena mezzo grado. Se un telescopio è usato per l'osservazione visuale la coma non disturba perché, specialmente con forti ingrandimenti, la visione è sempre limitata ad un ristrettissimo campo; la coma impedisce invece la fotografia a grande campo. Fino ad una sessantina di anni fa questa era una limitazione insuperabile per i riflettori. Se si volevano fotografie a campo relativamente grande si doveva ricorrere a rifrattori con obiettivi fotografici costituiti da tre o più elementi - i cosiddetti astrografi - nei quali oltre all'aberrazione cromatica è corretta anche la coma. Però non si possono costruire obiettivi siffatti e di ottima qualità con diametro superiore ad una quarantina di centimetri. L'alternativa quindi era: grande potenza (capacità di raggiungere oggetti debolissimi) e piccolo campo con i riflettori, oppure grande campo ma piccola potenza con gli astrografi. Il dilemma fu eliminato con l'introduzione del sistema ottico ideato nel 1930 dal tecnico tedesco Bernhardt Schmidt. Si usa uno specchio sferico ed al suo centro di curvatura (quindi al doppio della distanza focale) si pone un diaframma più piccolo dello specchio; in tale diaframma va alloggiata una lastra di vetro avente una superficie piana e l'altra di forma tale da eliminare l'aberrazione di sfericità propria dello specchio sferico.

Quanto alla coma, questa è eliminata dalla presenza stessa del diaframma. Il campo con immagini perfette è tanto maggiore quanto maggiore è la differenza di diametro tra lo specchio sferico e la lastra correttrice (lastra Schmidt) e lo specchio sferico e si possono raggiungere campi di una diecina di gradi. Siccome le lastre Schmidt si possono costruire con diametri molto superiori a quelli delle lenti di un astrografo, il telescopio Schmidt ha risolto il problema. La potenza dello strumento è determinata dal diametro della lastra: fissato questo, accrescere il diametro dello specchio serve solo ad aumentare il campo. Lo Schmidt più grande del mondo è quello dell'Osservatorio di Tautenburg (Germania) che ha una lastra di 134 cm di diametro. Un inconveniente dello Schmidt è la superficie focale sferica. Per rimediare a ciò, con un opportuno congegno si curva la pellicola fotografica oppure si spiana la superficie focale mediante un'apposita lente, detta di campo, posta quasi a contatto con la pellicola. Un ulteriore inconveniente è la lunghezza del tubo che è doppia della lunghezza focale. Una soluzione di compromesso fra l'ingombro ed il grande campo si ha con gli Schmidt-Cassegrain (vedi figura); è una soluzione usata nei piccoli strumenti (fino a 42 cm di diametro) destinati ai dilettanti.

Il rifrattore

I telescopi si dividono in due o - meglio - tre categorie: con obbiettivi a lente, con obbiettivi a specchio e misti, cioè caratterizzati da entrambi gli elementi. I primi sono noti come "cannocchiali", da Galileo che definì il suo strumento a lenti "cannone-occhiale". Ma nei paesi anglosassoni ed in Italia agli strumenti a lenti destinati all'osservazione del cielo viene riservato il nome di rifrattori. Questo deriva dal fatto che la formazione dell'immagine si basa sulla deviazione (rifrazione) che subiscono i raggi luminosi quando passano attraverso le lenti.

Gli svantaggi

 Il secolo passato ha visto la massima espansione del telescopio rifrattore, il cui apogeo è stato toccato nel 1897 con l'inaugurazione del maggiore, ancora oggi in uso: quello di 102 cm di Yerkes. Già allora però ci si rese conto che costruire rifrattori ancora più grandi non sarebbe stato vantaggioso perché il proporzionale aumento di spessore delle lenti avrebbe assorbito una parte non trascurabile della luce ricevuta. Oltretutto, questo assorbimento non è uniforme, ciò che crea grossi problemi per molti lavori astrofisici. Nei grandi rifrattori è facile riscontrare ineguaglianze nella densità del vetro con la necessità di dover effettuare ritocchi zonali; ovvero, le grandi lenti richiedono in pratica forme sferiche, sia pure localizzate. Un altro inconveniente ben noto dei rifrattori l'aberrazione cromatica residua che orla le immagini di una frangia azzurra violacea. Ma quello più grave per i dilettanti è il costo, che rende questo tipo di telescopio da 2 a 8 volte più costo so del riflettore a parità di dia metro dell'obbiettivo. Questo svantaggio è particolarmente sentito dagli amatori, ma anche per i professionisti non è un fattore trascurabile, soprattutto il conseguenza delle dimensioni che deve presentare la cupola per ospitano. I rifrattori, infatti sempre a parità di diametro comportano una lunghezza de tubo molto maggiore di quelli dei riflettori. Ad esempio, per un 20 cm il tubo di un rifrattore lungo sui 3 metri; quello di un riflettore circa 1,2 metri. Una bella differenza!

I suoi vantaggi

Se ancora oggi i rifrattori vengo no costruiti deve evidentemente esserci qualche aspetto positivo che bilancia, perlomeno in parte, gli svantaggi citati. Il più significativo dei vantaggi è la maggior nitidezza ed il maggior contrasto che caratterizza le sue immagini. Questa maggiore incisione, visibile soprattutto sulle stelle doppie, è dovuta al fatto che nessuna ostruzione disturba o interferisce nel passaggio dei raggi luminosi, come avviene nei riflettori con i vari supporti e specchi secondari. Inoltre, il tubo di un rifrattore è chiuso e questo si traduce in un'immagine più tranquilla, ovvero che risente meno della turbolenza atmosferica. Spesso - cosa non molto nota - le immagini di un rifrattore sono migliori perché le superfici delle sue lenti ammettono un errore di lavorazione quattro volte maggiore rispetto a quello tollerato dagli specchi. Cioè, un obbiettivo a lenti è praticamente "perfetto" già se i massimi errori che presenta sono nell'ordine di 1/2 di lunghezza d'onda della luce visibile. Perché si possa dire altrettanto di uno specchio, questa precisione dev'essere spinta a 1/8 di lunghezza d'onda. E tra gli strumenti commerciali accade spesso di trovare ottiche la cui perfezione non si spinge oltre 1/4 o 1/5 di lunghezza d'onda. Come dire che è molto più facile trovare rifrattori "perfetti" che non riflettori.

Il riflettore newtoniano - Il telescopio preferito dagli astrofili

Nei riflettori l'immagine, raccolta da uno specchio concavo, si forma davanti allo stesso, con l'importante conseguenza che ogni tentativo di esaminarla direttamente conduce a porsi davanti ai raggi in arrivo. Per evitare l'inconveniente il grande scienziato inglese Isaac Newton introdusse un piccolo specchio piano inclinato di 45° rispetto all'asse ottico di quello principale, in modo da trasferire l'immagine all'esterno del percorso dei raggi in arrivo e renderla raggiungibile senza che l'osservatore debba ostruire col capo la luce in arrivo. Da allora (1672) fu dato il nome di telescopio newtoniano a tutti quei riflettori caratterizzati da uno specchio primario concavo e da un secondario piano, che riflette l'immagine a lato del tubo in prossimità dell'apertura superiore.

I vantaggi

Probabilmente ancora oggi, come negli anni passati, il newtoniano è il riflettore più diffuso tra i dilettanti. A questa diffusione contribuiscono essenzialmente due fattori: l'economicità e la grande versatilità. A parità di perfezione ottica e di diametro, il newtoniano è spesso il telescopio più economico in assoluto. Ciononostante si può utilizzare per un grande numero di ricerche come l'osservazione dei pianeti, delle stelle, degli ammassi, delle galassie e per la fotografia degli stessi. Gli è preclusa solo la fotografia a grande campo. Nel telescopio Newton, come nel rifrattore, il potere risolutivo dipende dal diametro dell'obiettivo secondo la formula 12/D, dove D è il diametro dello specchio espresso in centimetri. Uno specchio di 12 cm può dunque separare al limite due stelle distanti tra loro 1". Ma la presenza dello specchio secondario diminuisce il contrasto e il diametro del disco spurio della stella, con l'importante conseguenza che teoricamente il potere risolutivo aumenta!

Cioè, in teoria, l'ostruzione aumenta la capacità di separazione. In pratica, poiché a questo aumento si contrappongono degli svantaggi, la risoluzione effettiva rimane analoga a quella di un rifrattore di pari diametro con una leggera prevalenza su stelle doppie dalla luminosità uguale o molto simile in serate calme. Come magnitudine limite il Newton con gli specchi alluminati è leggermente inferiore al rifrattore; tenuto conto dell'ostruzione del secondario e di altri fattori, nel fuoco del Newton arriva il 75% della luce ricevuta, mentre nel rifrattore circa il 90%. In telescopi del diametro di 12 cm questo comporta una differenza di solo 2 decimi nella magnitudine raggiungibile, che si può recuperare con una maggiorazione di solo 1 cm nel diametro del Newton: ebbene, un riflettore di 13 cm continua a presentare un prezzo, un peso e un ingombro ben al di sotto di quello di un rifrattore di 12 cm.

Alcuni accorgimenti

I Newton sono strumenti meravigliosi se costruiti e usati a dovere; ad esempio, gli specchi non devono assolutamente essere forzati nelle loro sedi. Inoltre bisogna prestare attenzione ai disassamenti, poiché il campo coperto con buona definizione è alquanto limitato. L'aberrazione che per prima danneggia l'immagine è il coma. Il campo angolare esente da coma dipende dalla relazione d'apertura (il rapporto "f/") e dal diametro dello specchio principale. Quello lineare, invece, dipende soltanto dalla relazione d'apertura. Ad esempio, un f/5 dà visualmente un semicampo corretto di 1,4 mm; un f/8 di 5,6 mm e così via. Questi valori così critici valgono soltanto quando si vuole sfruttare tutto il potere risolutivo dello strumento; in ogni caso il Newton non si può certo usare con profitto per osservazioni fotografiche a largo campo, ma è adatto alla ripresa di molte meraviglie del cielo come la grande Nebulosa di Orione o la galassia Vortice. Queste possibilità vengono incrementate con l'uso di un correttore di campo, solitamente un doppietto da sistemare al posto dell'oculare che dilata la superficie corretta nel piano focale. Per migliorare la resa, render lo strumento meno sensibile turbolenza, alcuni costruttori collegano lo specchio secondario a una finestra ottica che, chiudendo il tubo, ha anche pregio di evitare la presenza di sostegni. Sotto questo punto vista l'adozione della finestra ottica è senz'altro consigliabile, ma l'opportunità di optare questa soluzione viene spesso frenata dal costo ragguardevole di questo disco di vetro, la lavorazione deve essere spinta a tolleranze ottiche. In alcuni Newton degli anni passati o di piccole dimensioni. specchio secondario è sostituito da un prisma. L'adozione prisma viene decisamente sconsigliata da molti esperti di telescopi per il leggero cromatismo che introduce. Esso, però, se opportunamente calcolato, compensa l'aberrazione sferica di specchi che la presentano, ovvero non richiede il costoso processo di parabolizzazione, rende leggermente asferico specchio primario.


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